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Oaxaca: eppur qualcosa si muove. Cronache dopo oltre un anno di conflitto

Le ultime notizie da Oaxaca, Messico. Il ritorno della APPO e dei docenti con la megamarcia del 14 giugno, il rinnovo del conflitto con il nuovo accampamento nella piazza centrale di Oaxaca e le dichiarazioni della Corte di Giustizia

Pochi giorni dopo la grande marcia dei cittadini di Oaxaca che in massa, oltre 10 chilometri di corteo, hanno commemorato la data del fallito sgombero dell’accampamento dei docenti nel centro della città, il 14 giugno 2006, ed hanno rialzato la voce contro il governatore Ulises Ruiz, ecco che arrivano le inappropriate e tardive scuse pubbliche del medesimo e di altri membri del governo locale per il tentativo di sgombero violento che ha inasprito il conflitto e dato origine alla APPO (Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca).
Quest’ultima ha rifiutato le scuse e ha annunciato la prossima realizzazione a Città del Messico di un giudizio popolare, figura presente nel diritto messicano, contro Ruiz e Carlos Abascal, ex ministro dell’interno. A partire da lunedì 18 giugno, inoltre, ricomincerà la protesta attiva dei docenti con l’appoggio della APPO i quali allestiranno un nuovo accampamento nel “zocalo” di Oaxaca.
Intanto, Flavio Sosa Villavicencio, uno dei portavoce più noti della APPO, il movimento sociale che da un anno tiene in scacco le insensibili autorità del meridionale Stato di Oaxaca, Messico, è uno dei circa dieci detenuti politici ancora in carcere dopo che nell’ultimo mese sono uscite altre tredici persone (anche se il 27 aprile, per non mollare la presa e ribadire la stretta autoritaria nella regione, il Governo di Oaxaca ne ha incarcerate altre tre).
Guadalupe Acosta e Josè Antonio Rueda, segretario generale e consigliere del secondo partito nazionale, il PRD (Partido Revolucion Democratica), hanno fatto visita a Flavio Sosa nella prigione Altipiano, situata a Città del Messico, e hanno auspicato pubblicamente l’intervento delle autorità per favorire processi giusti per i membri principali della APPO e la scarcerazione di tutti i detenuti visto che non è stata dimostrata la loro colpevolezza e, anzi, la maggior parte si dichiara estranea ai fatti che le vengono imputati.
In un’intervista, la Maestra Carmen Lopez, consigliera della APPO e responsabile dei rapporti con la stampa sulla quale pende ancora un immotivato ordine di cattura, ha evidenziato come l’incarcerazione selettiva sia stata la strategia preferita durante il conflitto a Oaxaca e, inoltre, ha ribadito l’intenzione della Asamblea Popular di continuare con le richieste di libertà per i detenuti ma soprattutto con la volontà di stabilire una costituente nello Stato e democratizzare la vita politica. Per questi motivi, viene mantenuto l’accampamento della APPO, al quale sono stati tolti i servizi di base e l’acqua corrente, nel centro della capitale del paese per mantenere un avamposto e una voce attiva nel cuore di un Messico che presto dimentica.
E’ proprio di questi giorni la notizia che ha ridato qualche speranza di ottenere giustizia al movimento di Oaxaca. Il giudice della Corte Suprema di Giustizia messicana Juan N. Silva Meza, ha sostenuto che “le autorità federali, statali e municipali hanno violato gravemente le garanzie individuali nello Stato di Oaxaca nel periodo che va dal 2 giugno al 31 gennaio scorso” nell’ambito della proposta più generale da questo presentata affinché la Corte cominci formalmente le indagini nello Stato governato da Ulises Ruiz.
La base delle dichiarazioni del giudice della Corte Suprema è il resoconto della Commissione Nazionale per i Diritti Umani che aveva emesso poche settimane fa le sue ultime raccomandazioni dirette ai massimi organi di Governo. Silva Meza ha precisato che urge investigare ufficialmente “perché si verificarono tante e tali violazioni gravi delle garanzie individuali, chi le ordinò e se ciò obbedì a una strategia statale oppure alla deficiente formazione dei poliziotti superati dalla situazione”.
La speranza, comunque tutta da dimostrare coi fatti, è che i cittadini “sappiano che lo Stato s’interessa per la difesa dei diritti umani fondamentali dei governati”. Al di là delle dichiarazioni di intenzioni e delle posizioni ufficiali della Corte e della Commissione per i Diritti Umani, sta emergendo una crescente sensibilità che, sebbene sia ancora legata precipuamente a questioni d’immagine internazionale, sembra segnalare un certo interesse di alcune istituzioni e della società civile verso le situazioni drammatiche e deplorevoli alla quali si arriva ciclicamente in alcune parti, di solito le più emarginate, del paese.
Si spera che, dopo il passo indietro fatto con la chiusura della Femossp (la agenzia speciale che investigava sui delitti della guerra sporca condotta dallo Stato messicano durante gli anni 70 e 80; http://www.lahistoriaparalela.com.ar/2007/04/11/mexico-la-guerra-sucia-y-la-femossp/ ), si possa prevedere una “giustizia giusta” ed un certo equilibrio tra le antiche forze repressive e la modernizzazione socioeconomica che implica il passaggio da una società autoritaria e frammentata a una democratica e pluralista.
In generale, come riporta Jesus Aranda sul giornale messicano La Jornada del 12 giugno scorso (http://www.jornada.unam.mx/2007/06/12/index.php?section=politica&article=012n3pol) s’e’ osservata una certa apatia tra i giudici supremi nell’indagare ed esercitare le loro facoltà nei casi di gravi violazioni ai diritti umani. Ciononostante, è auspicabile che le dichiarazioni del giudice Meza inizino a forare il manto protettivo dell’inazione pubblica.
DI FABRIZIO LORUSSO

Autore: Fabrizio Lorusso
Il: 25/06/2007
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